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L’agricoltura traina il PIL

Con l’agricoltura si mangia, verrebbe da dire parafrasando la frase di un ministro italiano che qualche anno fece molto discutere. Anche l’uscita dei dati Istat sul Pil italiano nel secondo trimestre del 2016 fa accapigliare, come di consueto, tutte le forze politiche: rispetto ai primi tre mesi dell’anno, il prodotto interno lordo (corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato) resta invariato. Su base tendenziale annua, gli analisti registrano un aumento dello 0,8% anziché lo 0,7% stimato in precedenza.

Tradotto in parole povere, il Paese resta in crescita zero rispetto all’inizio di quest’anno (la cosiddetta variazione congiunturale), ma migliora rispetto alla performance registrata nel trimestre aprile-giugno 2015 (la variazione tendenziale).

Insomma ci sono buoni motivi per vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda che ci si riferisca all’anno scorso o agli ultimi mesi. Il settore industriale ad esempio perde lo 0,6% su base trimestrale (registrando però una crescita di pari consistenza rispetto al 2015), mentre i servizi agguantano nello stesso periodo un +0,2% (+0,8% su base tendenziale).

A crescere maggiormente, in entrambi i casi, è il settore primario: l’agricoltura mette a segno infatti un incremento dello 0,5% nel trimestre, che sale addirittura all’1,8% paragonato alla fotografia che l’Istat scattava un anno fa. È il lavoro dei campi e degli allevamenti, insomma, a trainare il nostro Paese un po’ più lontano dal baratro della crisi, in controtendenza rispetto a un vortice globale che negli ultimi anni sembrava non aver lasciato scampo a nessuno.

Non può che essere una buona notizia per chi crede nelle possibilità di un mondo a lungo vilipeso: quanto spesso abbiamo sentito ripetere, in passato, che le produzioni agricole e alimentari erano un retaggio anacronistico in un Occidente sempre più votato ai servizi immateriali? Proprio quando sembrava a un passo dall’essere dimenticata l’agricoltura si è presa la sua rivincita, tornando a far parlare di sé e ad attrarre le energie di tanti giovani anche nelle aree più in difficoltà della penisola (vi ricordate la bella storia del mulino di Stefano, quella dei ragazzi che hanno riscoperto la coltivazione dell’albicocca di Scillato in Sicilia o della cooperativa anticamorra di Ercolano col suo pomodoro pizzuto?).

Certo resta molto da fare, e molte domande interrogano la politica ogni giorno spesso senza trovare risposta (solo qualche giorno fa vi parlavamo della legge sull’agricoltura sociale, che a un anno dall’approvazione attende ancora di trovare applicazione). Ma lo sforzo quotidiano di tanti agricoltori, allevatori e artigiani del cibo non manca di produrre i suoi effetti, tanto da farsi carico di buona parte delle speranze che gli italiani affidano al futuro.

Andrea Cascioli

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